Il caffè, ma non la caffeina, protegge contro la neurodegenerazione
Attivi altri composti nel caffè tostato
È noto da tempo che i bevitori di caffè presentano un ridotto rischio di sviluppare la malattia di Parkinson. Si pensava che questo fosse dovuto alle proprietà della caffeina e si è addirittura tentato di sviluppare una classe di farmaci che ne mimava la capacità di antagonizzare i recettori A2A senza importanti risultati.
Ora ricercatori canadesi affermano che la capacità neuroprotettive del caffè contro le malattie neurodegenerative (Alzheimer e Parkinson) non sono da attribuire alla caffeina, ma ad un’altra classe di composti contenuta nel caffè tostato ovvero i fenilindani.
Hanno preso in esame la capacità di tre varietà di caffè arabica solubile della famosa catena Starbucks di inibire l’aggregazione delle proteine tau e Aβ (che si accumulano nei neuroni malati di Alzheimer) e alfa-sinucleina (che si accumula nei neuroni malati di Parkinson): caffè tostato chiaro, caffè tostato scuro e caffè tostato decaffeinato. Hanno esaminato l’effetto di diversi livelli di tostatura, perché è noto che modifica la composizione del caffè.
Hanno osservato che tutti e tre gli estratti (ovvero anche quello decaffeinato) inibivano l’aggregazione delle proteine. A questo punto hanno valutato la capacità antiaggregante di 6 componenti degli estratti di caffè ovvero caffeina, acido clorogenico, acido quinico, acido caffeico, quercitina e fenilindano. Hanno stabilito che la caffeina non aveva alcuna attività inibitoria, mentre gli effetti principali erano dovuti alla presenza di fenilindano. Da rilevare che l’inibizione riguardava l’aggregazione delle proteine tau e Aβ, non la alfa-sinucleina, per cui ipotizzano altri meccanismo protettivi nel confronti del Parkinson.
Fonte: Mancini e coll Frontiers in Neuroscience 12 ottobre 2018 online