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Risultati deludenti con farmaci anti-infiammatori nella malattia di Alzheimer

Rofexoxib e naaprossene non rallentano il deterioramento mentale

E’ stato stabilito che un processo infiammatorio contribuisce alla formazione delle placche amioidi che vengono riscontrate nel cervello di pazienti affetti da malattia di Alzheimer (AD). La ciclo-ossigenasi (COX) è un enzima coinvolto nella formazione sia di importanti componenti corporei (prostaglandine) che di composti pro-infiammatori. I farmaci anti-infiammatori non steroidei tradizionali (FANS), quale il naprossene, inibiscono questo enzima in maniera non selettiva, mentre i recenti inibitori COX2 bloccano la forma che produce i composti pro-infiammatori. E’ stato effettuato uno studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco da 40 medici su 351 pazienti ambulatoriali affetti da AD da lieve a moderata per confrontare la efficacia del naprossene (220 mg al giorno) e quella del rofecoxib (25 mg al giorno) rispetto al placebo nel rallentamento del declino cognitivo dopo un anno di trattamento. Non è stato rilevato alcun beneficio con la terapia ant-infiammatoria ed i pazienti che hanno ricevuto il trattamento anti-infiammatorio hanno segnalato un maggior numero di effetti indesiderati, specie affaticamento, capogiro ed ipertensione arteriosa. Questi risultati deludenti potrebbero essere dovuti all’incapacità della terapia anti-infiammatoria di agire quando le placche amiloidi si sono già formate. Tuttavia, non escludono che essa possa essere efficace nel prevenire la loro formazione. E’ già in corso uno studio sul loro ruolo nella profilassi in pazienti a rischio di sviluppare AD.

Aisen et al, JAMA 2003; 289: 2819-2826