Neurturina umana, fattore neurotrofico per la MdP
Nuovi elementi positivi sulla sua capacità di proteggere e rigenerare i neuroni che producono dopamina
Nell'ambito dei fattori neurotrofici - in grado cioè di promuovere la sopravvivenza, la ricrescita e la ripresa funzionale delle cellule dopaminergiche - la neurturina occupa una posizione di rilievo. Dal momento che i fattori neurotrofici sono delle proteine, essi non possono venire assunti per via orale (verrebbero "digeriti"), nè per via iniettiva (non passano la barriera esistente fra il sangue e il tessuto nervoso). Devono quindi essere introdotti nel cervello: o direttamente, tramite un catetere; o mediante cellule staminali "ingegnerizzate" per produrre il fattore trofico; o inserendo il gene umano che codifica la produzione di tale fattore, cosicchè sia il cervello stesso a formarlo continuativamente, evitando fenomeni di rigetto.
Seguendo quest'ultima via, la Ceregene Inc. di San Diego ha brevettato un sistema (CERE 120) costituito da un virus non patogeno che veicola direttamente all'interno delle cellule del corpo striato il gene umano della neurturina. Due recenti studi sull'animale riportano importanti dati sulla capacità del CERE 120 di esercitare una protezione a lungo termine dei neuroni dopaminergici striatali in un modello di parkinsonismo nel ratto (Gasmi M et al. - Neurobiol Dis - 2007; 27: 67-70) e in scimmie in età avanzata con carente funzionalità dopaminergica. Particolarmente interessante è la buona tollerabilità del sistema. Nel frattempo è iniziata la sperimentazione della neurturina in pazienti parkinsoniani, ma dovranno trascorrere alcuni anni per avere i risultati a lungo termine.
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