La perdita di autonomia nelle attività quotidiane: un fattore predittivo di demenza nel Parkinson
I pazienti con malattia di Parkinson hanno un rischio maggiore di sviluppare un disturbo cognitivo e una demenza (PDD) rispetto alle persone di pari età senza malattia di Parkinson.
Il disturbo cognitivo lieve (in inglese PD-MCI, Parkinson's disease with Mild Cognitive Impairment) è uno dei più grandi fattori di rischio per lo sviluppo di una futura demenza.
La caratteristica fondamentale che differenzia la demenza da un disturbo cognitivo lieve è la perdita della capacità di svolgere in autonomia le attività della vita quotidiana, che possono essere suddivise in attività di base (ADL), come vestirsi o farsi la doccia, e attività strumentali (IADL), come saper fare la spesa o saper assumere correttamente e in autonomia i farmaci. Le abilità strumentali possono essere compromesse anche nelle prime fasi di disturbo cognitivo.
La compromissione dell’autonomia nelle attività quotidiane, valutata con varie misure (ad esempio, questionari e test oggettivi), può essere osservata in circa il 30%-50% dei pazienti con PD-MCI, suggerendo una correlazione tra le capacità cognitive e quelle strumentali anche nella fase che precede la demenza.
Un recente studio condotto in Germania e pubblicato sulla rivista Neurology ha osservato per circa 4 anni un gruppo numeroso di pazienti con Parkinson raccogliendo i dati cognitivi, clinici e genetici. In aggiunta, essi sono stati sottoposti ad una puntura lombare per il prelievo del liquido cefalorachidiano.
I risultati mostrano che alla prima valutazione il 40,3% dei pazienti presentava un MCI. Il 23% dei pazienti mostrava una diminuita autonomia nelle IADL e che questa si associava maggiormente a deficit cognitivi polisettoriali (ovvero in più ambiti, come l’attenzione, la memoria, il linguaggio), sintomi depressivi e a sintomi non motori. In particolare, i deficit attentivi si sono rivelati il più forte indicatore precoce della perdita di funzionamento quotidiano nel decadimento cognitivo. Al follow up, quattro anni dopo, il 29,7% dei pazienti con una compromissione nelle IADL alla prima visita aveva avuto una diagnosi di demenza.
In sintesi, lo studio mostra come la presenza congiunta di disturbo cognitivo e della perdita di autonomia IADL è in grado di rilevare la conversione in demenza in un definito arco di tempo.
Lo studio dimostra ancora una volta l’importanza di una valutazione neuropsicologica standardizzata e comprensiva del funzionamento quotidiano del paziente, soprattutto nelle prime fasi di malattia.
Studi futuri potranno coinvolgere questa tipologia di pazienti al fine di valutare strategie farmacologiche e non farmacologiche mirate a prevenire o ritardare la demenza.
a cura della dott.ssa Viviana Cereda, neuropsicologa, Fondazione Grigioni
Fonte: Becker, S.,et al. Cognitive-Driven Activities of Daily Living Impairment as a Predictor for Dementia in Parkinson Disease: A Longitudinal Cohort Study. Neurology. 2022. 99(23), e2548-e2560.