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Confermata validità della risonanza magnetica per il monitoraggio della funzione dopaminergica

Convegno AIPDr. Zecca CNR, 41° Convegno AIP, Firenze, Salone dei Cinquecento

 

Tra i progetti sponsorizzati dalla Fondazione Grigioni, si annovera la messa a punto di una metodica non invasiva per il monitoraggio della funzione delle cellule nervose che producono dopamina dette anche neuroni dopaminergici. Ricordiamo che sono queste le cellule nervose che si ammalano e muoiono nella malattia di Parkinson. Attualmente esiste solo la scintigrafia con DATSCAN, una tecnica per immagini che non può essere usata ripetutamente nel tempo, perché comporta l’esposizione a radioattività. La disponibilità di una metodica non invasiva e non basata sull’uso di traccianti radioattivi faciliterebbe lo studio di terapie che potenzialmente potrebbero rallentare la progressione della malattia di Parkinson. Inoltre, permetterebbe la diagnosi precoce, quando la malattia non è ancora sintomatica, tramite l’uso nei soggetti a rischio. Questo, a sua volta, permetterebbe la messa a punto di terapie preventive.  

In convegni precedenti sono stati già esposti risultati preliminari favorevoli con la risonanza magnetica, una tecnica per immagini non invasiva. Essa si basa sulla misurazione della neuromelanina, un pigmento scuro che si forma in seguito alla ossidazione della dopamina e che nel tempo si accumula nei neuroni dopaminergici, situati prevalentemente in una area del cervello detta sostanza nera, colore dovuto alla presenza di neuromelanina. Nella malattia di Parkinson i neuroni dopaminergici si ammalano e muoiono, con progressiva riduzione della neuromelanina e perdita del colore nero della sostanza nera, che diventa molto più pallida.  

Nel 2016 il gruppo di ricerca del Prof. Isaias ha dimostrato che l’intensità del segnale della risonanza magnetica della neuromelanina è correlato con l’innervazione dopaminergica nello striato misurata con scintigrafia DATASCAN.

Ora la metodica di risonanza magnetica della neuromelanina è stata validata da ulteriori studi del gruppo del Prof. Zecca, che hanno dimostrato che:

  1. L’intensità del segnale della risonanza magnetica corrisponde alle concentrazioni di neuromelanina misurate in laboratorio su sezioni di tessuto nervoso ottenute nel corso di autopsie
  2. In pazienti parkinsoniani la risonanza magnetica è in grado di stabilire la distribuzione della neuromelanina in varie subaree in maniera affidabile
  3. Vi è una buona correlazione tra i risultati relativi alla funzione dopaminergica ottenuti tramite PET (una tecnica per immagini costosa e precisa che comporta esposizione a radioattività ed è usata prevalentemente a scopo di ricerca) e la risonanza magnetica
  4. Vi è anche una buona correlazione tra l’intensità del segnale della risonanza magnetica e la gravità della sintomatologia in un’altra patologia in cui la funzione dopaminergica è anormale (la schizofrenia)

Il giorno di introduzione della risonanza magnetica nella pratica clinica si avvicina.