Un anticorpo monoclonale nella paralisi sopranucleare progressiva: i risultati dello studio di fase 2
Sono stati da poco pubblicati i risultati dello studio con tilavonemab, un anticorpo monoclonale, nei pazienti con diagnosi di paralisi sopranucleare progressiva (PSP).
La PSP è un parkinsonismo atipico, con una frequenza di 10,7-17,9 casi per 100.000 persone, caratterizzato dai depositi di proteina tau nel cervello (per questo motivo viene anche definita taupatia). Può avere sintomi simili a quelli della malattia di Parkinson ma ci sono segni tipici, come la paralisi verticale dello sguardo o la facilità alle cadute, che la differenziano dal Parkinson.
Lo studio pubblicato è uno studio di fase 2, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, multicentrico, al quale hanno partecipato 66 centri in Australia, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Spagna e Stati Uniti. Uno studio di fase 2 deve dimostrare la non tossicità e l’attività del nuovo principio attivo sperimentale, in questo caso il tilavonemab, un anticorpo monoclonale che si lega alla proteina tau umana, impedendone l’aggregazione e la deposizione nel cervello.
I pazienti arruolati (377 in totale) sono stati trattati con 2000 mg o 4000 mg di tilavonemab o con placebo per via endovenosa nei giorni 1, 15 e 29, quindi ogni 28 giorni per 52 settimane. L'endpoint primario dello studio era il cambiamento nel punteggio totale della Progressive Supranuclear Palsy Rating Scale, la scala di valutazione dei sintomi usata per la PSP alla fine del trattamento, cioè dopo 52 settimane.
Il tilavonemab si è dimostrato sicuro, ma purtroppo non sono stati registrati benefici, cioè la variazione della scala di valutazione motoria alla fine del trattamento era simile nei 3 gruppi, quelli trattati con farmaco e quello trattato con placebo: questo significa che lo studio non ha fornito prove di efficacia del tilavonemab nella PSP. Per questo motivo lo studio è stato interrotto dallo sponsor dopo un'analisi intermedia dei primi risultati.
Anche i risultati negativi però sono utili: hanno fornito indicazioni preziose ai ricercatori per migliorare lo sviluppo degli anticorpi monoclonali, e per comprenderne i meccanismi d'azione, sui quali si sta molto lavorando. Dunque rimaniamo in attesa di nuovi studi clinici per i nostri pazienti con PSP.