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Metilfenidato ad alte dosi nel Parkinson avanzato

Miglioramento della marcia senza significativi effetti secondari.

Nel Parkinson molto avanzato, problemi nella marcia (festinazione, freezing, instabilità) rispondono scarsamente a trattamenti ottimizzati con farmaci dopaminergici, e anche alla stimolazione del nucleo subtalamico. E' stata avanzata l'ipotesi che ciò avvenga per una compromissione del sistema adrenergico. Per tale motivo, gli autori di questo studio hanno provato a trattare alcuni di questi pazienti con il metilfenidato, farmaco che agisce sia sul sistema dopaminergico che su quello adrenergico. Il metilfenidato è un leggero psico-stimolante amfetamino-simile, noto da diversi decenni e utilizzato prevalentemente nella terapia della narcolessia e dei disturbi ipercinetici dei bambini.
Dosi elevate di metilfenidato (pari a 1 mg per chilo di peso al giorno) sono state somministrate per tre mesi a 17 pazienti con disturbi della marcia, nonostante l'impiego ottimale di farmaci dopaminergici e/o la stimolazione del nucleo subtalamico. L'efficacia è stata valutata da un osservatore ignaro del trattamento effettuato, sia in assenza di levodopa che dopo somministrazione acuta di questo farmaco,al termine dei tre mesi di terapia con metilfenidato.
E' stato notato un miglioramento nel numero di passi, nel freezing e in vari altri test di motricità in assenza di levodopa, ed un più marcato miglioramento dei punteggi delle scale di valutazione dopo levodopa. Non sono stati riscontrati effetti indesiderati di rilievo. In tutti i pazienti, i punteggi della Scala della Sonnolenza di Epworth subivano una riduzione spettacolare.
Varrebbe la pena confermare questi notevoli risultati in una casistica più ampia e contro placebo.

Devos D et al - J Neurol Neurosurg Psychiatry - 2006; 10 Nov.