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Ambroxolo funziona nel sistema nervoso centrale

ambroxoloAumentano le probabilità di successo come terapia neuroprotettiva

Una equipe di ricercatori inglese e svedesi hanno somministrato dosi orali di ambroxolo (420 mg tre volte al giorno) a 17 pazienti affetti da malattia di Parkinson, tra cui 8 con mutazioni del gene GBA1 e 9 senza, per 6 mesi. Hanno effettuato punture lombari al basale ed alla fine del periodo di trattamento, ed hanno stabilito che ambroxolo riesce a penetrare la barriera emato-encefalica, arrivando nel fluido cerebrospinale in quantità importanti e sufficienti a determinare aumenti della proteina glucocerebrosidasi. Quest’ultima è un enzima importante per evitare l’accumulo della proteina alfa-sinucleina, che forma i tipici corpi di Lewy presenti nelle cellule nervose malate di Parkinson.

Ricordiamo che ambroxolo è già in commercio come mucolitico e che è in sviluppo come terapia neuroprotettiva nella malattia di Parkinson. La Fondazione sponsorizza uno studio clinico per valutare la molecola nel Parkinson (vedere notizia aprile 2019).

 

Fonte: Mullin S e coll Jama Neurol online 13 gennaio 2020