Stimolazione del midollo spinale contro il dolore nel Parkinson
Studio preliminare in 15 pazienti
La stimolazione cerebrale profonda, detta DBS dall’inglese “Deep brain Stimulation”, è una terapia chirurgica ormai consolidata, che consiste nell’impianto di elettrodi nel cervello per la generazione di impulsi elettrici che vanno a normalizzare circuiti nervosi cerebrali danneggiati nella malattia di Parkinson. È ampiamente dimostrato che permette di controllare molti, ma non tutti i sintomi motori.
Ora è stata messa a punto la stimolazione del midollo spinale detta SCS dall’inglese Spinal Cord Stimulation, che consiste nell’impianto di elettrodi a livello del midollo spinale, situato all’interno della colonna vertebrale della schiena. L’accesso è molto più facile e dovrebbe essere una terapia più sicura della DBS, ma mancano evidenze sulla sua efficacia.
Per valutare l’efficacia della SCS è stato effettuato uno studio preliminare in 15 pazienti parkinsoniani , a cui sono stati impiantati elettrodi attraverso la pelle vicino alla colonna vertebrale. Il paziente poteva scegliere tra tre tipi di stimolazione: continua, a scariche intermittenti o a scariche continue, ma di intensità variabile. La maggior parte dei partecipanti ha scelto una delle ultime due opzioni.
Tutti i partecipanti hanno presentato un miglioramento significativo del dolore misurato su scala VAS (in media -59%). I pazienti che hanno scelto la stimolazione intermittente hanno presentato in media un miglioramento del 67%, in quelli che hanno ricevuto una stimolazione di intensità variabile il miglioramento è stato mediamente pari a -48%.
Per quanto riguarda la funzionalità motoria, il 64% dei pazienti ha presentato un miglioramento significativo della prova TUG (tempo impiegato per alzarsi da una sedia, percorrere 3 metri, girarsi e tornare a sedersi); il miglioramento medio era pari a -21%. Inoltre, il 73% dei pazienti ha presentato un miglioramento del tempo in cui riuscivano a percorrere 10 metri (in media -12%).
Secondo gli autori, i risultati documentano una netta efficacia nel controllo del dolore nella malattia di Parkinson, mentre non è chiaro se il miglioramento della funzionalità motoria è diretto oppure solo dovuta alla riduzione del dolore. Sono comunque necessari ulteriori studi in numeri più elevati di pazienti per documentare l’efficacia e la sicurezza di questa nuova modalità terapeutica.