Sogni dolci o insipidi? Perdita del gusto nel Parkinson
Se la riduzione dell’olfatto (iposmia) rappresenta un disturbo noto nell’ambito della malattia di Parkinson e può precedere di anni la comparsa dei disturbi motori, poco è noto sulla diminuzione del senso del gusto (ipogeusia).
L’esordio di tale sintomo, i meccanismi sottostanti, così come la sua prevalenza nella malattia di Parkinson in fase prodromica (cioè presintomatica) non sono chiaramente definiti.
Un recente studio caso-controllo è stato condotto con lo scopo di valutare se la perdita o il calo dei gusto siano presenti non solo nella malattia di Parkinson conclamata, ma anche nei pazienti con disturbo del sonno REM, che può rappresentare una fase prodromica della malattia di Parkinson. A tal fine sono stati reclutati 44 pazienti con disturbo isolato del sonno REM, 19 pazienti con malattia di Parkinson e 29 controlli sani e ciascun gruppo è stato sottoposto a un test del gusto mirato a valutare 4 concentrazioni di salato, amaro, acido e dolce.
Lo studio ha evidenziato come i pazienti con disturbo del sonno REM e i pazienti con malattia di Parkinson presentavano punteggi più bassi di sensibilità gustativa, e non è stata rilevata alcuna differenza tra i pazienti con disturbo del sonno REM e i pazienti con malattia di Parkinson, cioè i punteggi ottenuti erano simili nei due gruppi.
Più sorprendentemente non è stata riscontrata alcuna correlazione tra la riduzione del gusto e parimenti la riduzione dell’olfatto. Lo studio dimostra come una riduzione del senso del gusto possa essere già presente nella fase prodromica di malattia e non solo nella malattia di Parkinson conclamata. I dati confermano dunque come l’ipogeusia si configuri come un sintomo precoce, a lenta progressione, verosimilmente correlato al coinvolgimento di alcuni nuclei del tronco encefalico, piuttosto che un sintomo ascrivibile al coinvolgimento encefalico tipico della fase avanzata della malattia.
Fonte: https://movementdisorders.onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/mds.28692
a cura della dr.ssa Federica Garrì, neurologo, Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson