Il ferro contribuisce alla malattia di Parkinson?
Una nuova ipotesi avanzata da un ricercatore italiano
Un ricercatore italiano, il Dr. L. Zecca del CNR di Milano, noto per le sue ricerche sulla neuromelanina che dà il colore scuro alla sostanza nera, principale zona del cervello danneggiata nella malattia di Parkinson, avanza una nuova ipotesi sulle cause delle malattie neurodegenerative, tra cui la malattia di Parkinson: una disfunzione del metabolismo del ferro. È stato osservato che la quantità di ferro presente nel cervello varia a seconda delle zone e che è particolarmente elevata nelle regioni coinvolte nella funzione motoria, specie nella sostanza nera. Con l'età i livelli di ferro tendono ad aumentare; inoltre, il ferro tende ad accumularsi non più nella forma stabile (ferritina), ma in una forma diversa (emosiderina) che è reattiva e tende a legarsi ad altri composti formando complessi. Nella malattia di Parkinson, depositi di ferro sono presenti assieme alla proteina alfa-sinucleina nei corpi di Lewy all’interno delle cellule nervose, un reperto tipico della malattia di Parkinson, mentre nella sostanza nera sono stati osservati complessi di neuromelanina e ferro. Non si sa perché il ferro si accumula nella sostanza nera nella malattia di Parkinson. Il passaggio del ferro nel cervello è regolato da una barriera tramite meccanismi poco conosciuti. Una ricerca recente da parte di un neuroradiologo olandese suggerisce che nei pazienti parkinsoniani ci potrebbe essere un difetto nella barriera che lascerebbe passare troppo ferro. Ma perché il ferro dovrebbe danneggiare le cellule nervose nella sostanza nera? Il ferro nella forma reattiva contribuisce alla formazione di radicali liberi, con aumento dello stress ossidativo, considerato uno dei fattori importanti nello sviluppo della malattia di Parkinson. Inoltre, alcuni studi suggeriscono che il ferro stimoli l'aggregazione della alfa-sinucleina, un altro fattore considerato importante nello sviluppo della malattia. A favore del ruolo del ferro depongono studi in animali con parkinsonismo indotto dalla neurotossina MPTP, in cui sostanze chelanti, ovvero che si legano al ferro e lo rimuovono, hanno avuto effetti neuroprotettivi. Sono necessarie ulteriori studi per chiarire il ruolo svolto dal ferro nei processi neurodegenerativi. Qualora il ruolo del ferro nello sviluppo della malattia di Parkinson venisse confermato, potrebbe essere messa a punto una terapia a base di sostanze chelanti del ferro.
Zucca et al J Neural Transm 2006; 113: 757-767