9 pazienti su 10 desiderano sottoporsi alla terapia a base di cellule staminali
Intervista alla Dott.ssa Margherita Canesi, Medico neurologo presso il Centro Parkinson ICP a Milano
JH: Dottoressa, siamo tutti soddisfatti che lo studio sulla terapia a base di cellule staminali nella PSP sia stata autorizzata. So che Lei è uno dei medici ricercatori coinvolti nello studio: mi spiega quale sarà il suo ruolo?
MC: Sarò responsabile per la selezione dei pazienti da inserire nello studio in base ai criteri di inclusione ed esclusione prestabiliti nel protocollo. Inoltre, valuterò le loro condizioni cliniche prima e dopo la terapia.
JH: Come vengono arruolati i pazienti? PSP è una forma rara di parkinsonismo. Vi sarà difficoltà a trovarli?
MC: Assolutamente no. Il Centro Parkinson ICP a Milano è un centro di riferimento a livello nazionale. Anche se la patologia è rara, io vedo almeno un paziente affetto da PSP alla settimana se non due.
JH: Quale è l'atteggiamento dei pazienti quando propone la partecipazione allo studio?
MC: Molto positiva, è positivo soprattutto l'atteggiamento dei familiari. La patologia è grave e non esiste né una terapia farmacologica, né una terapia chirurgica per questi pazienti. La terapia a base di cellule staminali mesenchimali offre una speranza. Si rendono conto che l'esperienza con questo tipo di terapia è limitata a pochi casi e che ci potrebbe essere qualche rischio sconosciuto. Ciò nonostante 9 pazienti su 10 sono disposti a correre questo rischio, pur di poter continuare a sperare nel futuro.
JH: So che ha collaborato alla stesura del protocollo e che, oltre alle prove per la valutazione delle funzione motoria ed alle neuroimmagini per la valutazione della situazione delle cellule nervose, ha voluto aggiungere test di valutazione delle funzioni cognitive e psicologiche. Perché?
MC: Questa patologia determina non solo gravi disturbi del movimento, ma anche altri sintomi, quali disturbi cognitivi e del comportamento. Non è escluso che una terapia come questa possa influenzare positivamente anche su questi aspetti.
JH: E adesso, la domanda più importante di tutte: Lei, come clinico che ha preso in carico questi pazienti, che cosa si aspetta dalla terapia a base di cellule staminali mesenchimali autologhe?
MC: Innanzitutto mi aspetto una buona tollerabilità. Conosco i colleghi che somministreranno la terapia tramite catetere spinto fino alle arterie che irrorano il cervello e so di mettere i miei pazienti in mani esperte. Sono convinta che non ci sarà alcuna complicazione.
Per quanto riguarda l'efficacia, non mi aspetto una guarigione. Tuttavia, penso che tali cellule potranno offrire un valido aiuto alle cellule nervose del sistema nervoso centrale in difficoltà grazie alla produzione di fattori di crescita e che questo possa aumentare le loro probabilità di sopravvivenza. Questo potrebbe risultare in un rallentamento della progressione della malattia, come hanno visto i colleghi coreani in un'altra forma di parkinsonismo, la MSA.
JH: Finora non c'è nulla che permette di rallentare la progressione della malattia, per cui sarebbe un grosso passo in avanti. Speriamo che sia proprio così. Grazie, dottoressa, per il tempo che mi ha dedicato.
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Il Parkinson non ha ancora una cura, solo trattamenti che mitigano in parte gli effetti.
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