Ricercatori americani hanno assegnato in maniera casuale 52 pazienti parkinsoniani affetti da depressione maggiore a trattamento con nortriptilina (25-75 mg), paroxetina (12.5-37.5 mg) oppure placebo (una sostanza inerte).
L'assegnazione del trattamento è avvenuto in condizioni di doppia cecità (né i ricercatori, né i pazienti sapevano chi veniva assegnato a quale trattamento)
Dopo 8 settimane di trattamento, nortriptilina era significativamente più efficace del placebo, contrariamente alla paroxetina: la percentuale di pazienti in cui è stato conseguito il dimezzamento del punteggio relativo alla gravità della depressione è stata del 53% con nortriptilina, 11% con paroxetina e 24% con placebo. Inoltre, nortriptilina, contrariamente alla paroxetina, ha migliorato la qualità di vita ed il sonno, ed ha ridotto il livello di ansia.
Entrambi i trattamenti sono stati ben tollerati. Con nortriptilina gli effetti collaterali più frequenti erano bocca secca (41% dei pazienti) e stipsi (35%), con paroxetina affaticamento (17%).
Gli autori ritengono che la maggiore efficacia di nortriptilina, un vecchio triciclico, sia dovuta al fatto che questa molecola aumenti i livelli di due neurotrasmettitori al posto di uno ovvero sia la noradrenalina e la serotonina, invece della sola serotonina, come avviene con la moderna paroxetina, che è un inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina.
La validità dello studio è stata messa in dubbio a causa del basso numero di pazienti, della sua breve durata e del criterio principale per la valutazione dell'efficacia, che non era limitata alla pura depressione, ma includeva anche altre variabili, quali il sonno e l'ansia.