Passati al setaccio migliaia di lavori per giungere ad una conclusione definitiva: i pesticidi e gli idrocarburi solventi sono fattori di rischio per la malattia di Parkinson
Intervista con il Dr. Emanuele Cereda
Medico nutrizionista e ricercatore presso Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia
JH: Dr. Cereda, lei è un medico nutrizionista. I pesticidi e gli idrocarburi non sono sostanze di cui generalmente si occupa una persona del suo campo. Come mai ha pensato di fare questa ricerca?
EC: Io mi occupo di nutrizione nel Parkinson e vedo parecchi pazienti parkinsoniani. Raccogliendo la loro storia e valutando il loro stile di vita, mi sono spesso imbattuto in pazienti con una storia di esposizione a sostanze ambientali come queste. Mi sono informato presso il Professor Pezzoli, che è un esperto in materia, e mi sono reso conto che le informazioni sull’argomento erano contradditorie. Alcuni lavori deponevano a favore del loro ruolo come fattori di rischio per la malattia di Parkinson, mentre altri no. La realtà era che molti studi erano stati fatti su pochi pazienti, su popolazioni di pazienti molto particolari e diversi, oppure adottando metodi di valutazione differenti e non sempre attendibili. Così un giorno abbiamo deciso di fare un lavoro insieme, una metanalisi di tutti i lavori disponibili, per chiarire questo problema una volta per tutte.
JH: Una metanalisi. Per cortesia, spieghi in che cosa consiste questa tecnica statistica.
EC: La metanalisi è una specie di imbuto. Raccolgo tutti i dati disponibili che riesco a trovare, li passo al setaccio, li filtro, facendo passare solo quelli di interesse (i lavori che riportavano un calcolo del rischio di associazione con la malattia di Parkinson) e di buona qualità, e poi applico una tecnica matematica che permette di condensare tutte le informazioni in un unico dato numerico.
JH: Nella banca dati più usata, Medline (PubMed), ci sono milioni di lavori pubblicati. Immagino che il lavoro sia stato notevole. Quanti lavori ha passato al setaccio?
EC: Inizialmente ho fatto una ricerca in Medline su questi argomenti , che ha individuato più di 3000 lavori. Li ho passati tutti al setaccio ed ho identificato 104 lavori di potenziale interesse e di buona qualità. Alla fine, però, i lavori utili che hanno fornito dati da inserire nell’”imbuto” erano 89.
JH: 3000 pubblicazioni! Un lavoro immane! Alla fine la fatica è stata ricompensata con il lavoro pubblicato su una rivista autorevole come Neurology. Mi tolga una curiosità, i risultati sono quelli che si aspettava?
EC: Sì, come ho detto prima, vedo parecchi pazienti con una storia di esposizione a pesticidi e solventi organici (esposizione a derivati del petrolio, come benzina, colle, trielina) e sospettavo che ci fosse una associazione. Inoltre, ne era convinto il Prof Pezzoli, ma, ripeto, fino ad oggi, mancava una dimostrazione evidente.
JH: Si spieghi meglio, che cosa intende per dimostrazione evidente?
EC: Quando abbiamo rimosso tutti gli studi di piccole dimensioni ovvero con meno di 200 pazienti e tutti quelli di scarsa qualità che avevano usato metodi poco attendibili, sono rimasti studi che chiaramente deponevano a favore del ruolo dei pesticidi e degli idrocarburi solventi come fattori di rischio per la malattia di Parkinson.
JH: E di quanto aumenta il rischio?
EC: Aumenta mediamente del 60% con entrambe queste categorie di sostanze
JH. Ha esaminato i dati solo riguardo a queste sostanze oppure ha valutato anche altro?
EC: Abbiamo valutato anche il contesto dell’esposizione e siamo arrivati a confermare che vivere in campagna può essere anch’esso un fattore di rischio per il Parkinson. Anche attingere e bere l’acqua dal pozzo in queste zone potrebbe avere un ruolo.
JH: Vivere in campagna?!? Allora sono a rischio tutti coloro che non vivono in città?!? In genere si pensa il contrario, che vivere in campagna sia più sano!
EC: In realtà, non è così semplice. Bisogna vivere in campagna in zone dove si usano indiscriminatamente i pesticidi (colture intensive) ed i pozzi sono contaminati. Oggi questo avviene molto meno spesso rispetto al passato.
JH: Non avete pensato di indagare le modalità di esposizione (per es. per inalazione, contatto con le mani, ecc.)?
EG: Sì, ci abbiamo pensato. Purtroppo non vi erano abbastanza dati di buona qualità per giungere a conclusioni definitive.
JH: C'è qualche cos’altro da aggiungere?
EC: Ringrazio la Fondazioni Grigioni per il Morbo di Parkinson ed la Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo per il supporto, e ringrazio mia moglie e mia figlia per la pazienza che hanno con un ricercatore come me, che passa così tante ore a setacciare lavori invece di stare con loro.