Primo successo nel Parkinson di una nuova tecnica di indagine genetica
Il sequenziamento dell'exoma permette di trovare un nuovo gene coinvolto nella malattia
Recentemente è diventata disponibile una nuova tecnologia che permette di esaminare il DNA degli individui (genoma) in maniera molto più rapida: prima di mettersi ad analizzare la sequenza di acidi nucleici del DNA (che costituiscono le lettere del codice genetico), identifica l'Exoma ovvero la parte del DNA che viene effettivamente usata per costruire proteine che vanno a formare le strutture del nostro corpo. Così aumenta molto la probabilità di trovare mutazioni su geni (unità funzionali che codificano una o più proteine) importanti.
Un gruppo di ricercatori internazionale, applicando il sequenziamento dell'exoma a alcune rare famiglie con un quadro di MdP genetica ha identificato un nuovo gene, detto VPS35 coinvolto nella malattia di Parkinson. La mutazione identificata è stata poi cercata in 4326 pazienti e 3309 controlli non affetti dalla malattia. Mutazioni di questo gene erano presenti in poche famiglie con membri affetti da una forma ereditaria di Parkinson; tali mutazioni non sono state trovate in alcun soggetto di controllo.
Il gene VPS è un gene dominante (basta avere una copia del gene malato per sviluppare la malattia), ma con penetranza incompleta (non tutte le persone con la mutazione sviluppano la malattia).
Il gene è coinvolto nel riciclo delle proteine vecchie ovvero nel loro trasporto negli endosomi fino all'apparato di Golgi, che può essere considerato una specie di magazzino della cellula. Questa scoperta supporta ulteriormente la teoria che il Parkinson sia dovuto ad un problema collegato allo smaltimento delle proteine vecchie.
Il Dr. Goldwurm, che lavora presso il Centro Parkinson ICP di Milano, ha vinto una sponsorizzazione da parte di Telethon per la ricerca di ulteriori geni coinvolti nella malattia di Parkinson tramite la stessa tecnologia, in collaborazione con il Dr. Landers dell'Università di Massachusetts (USA) ed il Prof. Duga dell'Università di Milano.
Vilariño-Güell C e coll Amer J Human Genet 2011; 89: 162-167